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Il "Simon Boccanegra" di Verdi porta la turbolenta Genova del '300 al Carlo Felice

Arriva in scena al teatro Carlo Felice dal 15 al 19 febbraio l'opera di Giuseppe Verdi "Simon Boccanegra".

La Genova repubblica marinara del ’300, la turbolenta Genova dei dogi. E, su questo sfondo, tutti gli ingredienti del teatro popolare: intrighi di potere, agnizioni, tentativi di avvelenamento, odi, maledizioni, riconciliazioni. Un plot complesso, che tormentò Verdi per anni, dalla prima versione del 1857 su libretto di Piave (che lo stesso compositore definì un «tavolo zoppo»),  alla revisione definitiva del 1881, su versi rifatti da capo da Arrigo Boito. Il risultato è un’opera lontanissima dalla trilogia popolare che la precede, senza melodie di sicuro effetto e tutta giocata sulle sfumature emotive e psicologiche del recitativo. Un’opera con una “tinta” timbrica sua particolare e una coerenza espressiva che la tiene unita dalla prima all’ultima nota (come saranno Otello e Falstaff). Una concezione troppo moderna per i tempi: solo la sensibilità novecentesca, infatti, sarà in grado di capire davvero il significato innovativo del Simon Boccanegra.

Un’opera che, inoltre, ha un protagonista segreto e silenzioso, come spiega Andrea De Rosa, il regista dell’allestimento (prodotto dal Teatro Carlo Felice e dal Teatro La Fenice di Venezia nel 2016 e in seguito acquistato dal Teatro Mariinskij di San Pietroburgo): «Sono rimasto fedele al testo cercando di esaltare quello che secondo me è l’elemento chiave: il mare. Per un uomo di mare come Simone è importante avere sempre un orizzonte visibile, ma il dolore e i palazzi del potere gli precludono la vista di questo orizzonte. Al mare ho attribuito un’importanza primaria rendendolo presente, in forme sempre diverse, per tutta la durata dello spettacolo.»


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