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Ho diviso un piatto al ristorante e non mi pento: altrove è la normalità

La riflessione dopo la polemica del 'piattino di condivisione' a due euro sollevata da Selvaggia Lucarelli e il dibattito sui social

Trofie al pesto

Nella ridda dei commenti legati all'ormai celebre 'caso del piattino' sollevato da Selvaggia Lucarelli mi ha stupito una corrente di pensiero, sicuramente non minoritaria. Quella secondo cui ordinare 'solo il primo' o 'solo il secondo' sarebbe una scelta da criticare, ai limiti del ridicolo. E quindi avrebbe fatto bene il ristoratore ad aggiungere l'extra per i piattini di condivisione. Anche perché c'era un terzo commensale. Una bambina di tre anni. E fa già ridere così. Senza entrare nel merito della vicenda, già analizzata sotto ogni punto di vista dal tritacarne mediatico, mi verrebbe da citare il mitico ragionier Fantozzi sulla corazzata Potemkin, ma preferisco evitare la volgarità.

Sono una buona forchetta, amo il buon cibo e il buon vino, e ho anche due figlie, una delle quali poco più grande della 'mangiatrice a ufo' dal piatto dei genitori. Tralasciando il fatto che i bambini, soprattutto intorno ai 3-4 anni, affrontano un periodo della vita in cui variano molto le proprie scelte alimentari, e non sempre sono in grado di finire le normali porzioni di un ristorante, rimane il nocciolo della questione. È davvero così assurdo ordinare un solo piatto al ristorante? No, non lo è. I tempi sono cambiati e, senza affrontare il discorso economico (che sarebbe, comunque, una valida motivazione), quelli dell'antipasto, primo, secondo, dolce, caffè e ammazzacaffè, sono passati da un bel pezzo. E basterebbe girare per l'Europa o per il mondo per trovare abitudini completamente diverse, dove il 'piatto unico' è la vera normalità o dove la condivisione è alla base delle abitudini alimentari.

E allora confesso le mie colpe. Sono andato al ristorante da solo e ho preso 'solo' un piatto, ci sono andato con mia moglie e ne abbiamo presi spesso due, qualche volta tre. E li abbiamo condivisi. Perché non c'è niente di più bello che condividere una cena con le persone che si amano, assaggiare piatti diversi, stare in compagnia, scoprire nuovi sapori o apprezzare quelli tradizionali. Non mi è mai capitato, in Liguria, in Italia, in Europa, e nei Paesi del mondo che ho visitato, di trovare un ristoratore infastidito dalla 'quantità' ordinata. Ognuno è libero di mangiare la quantità che desidera, e lasciare del cibo nel piatto lo trovo profondamente sbagliato. Spesso mi sono stati portati piattini in più per condividere il cibo, senza nessun extra, senza nemmeno chiederli. Moltissime volte ho diviso anche il dolce, perché intero non l'avrei mangiato. E mi hanno portato due cucchiaini, non richiesti, gratis. Agli esegeti del primo e secondo consiglio un viaggio a Cipro (ma l'usanza è comune anche ad altri Paesi come Grecia, Turchia, Libano, Spagna con le tapas). Per una cena a base di Meze. Decine di piattini ricchi di prelibatezze culinarie da assaggiare e gustare in compagnia. Il prezzo è fisso, la condivisione è un valore e se chiedi un bis per una pietanza particolare vieni accontentato con il sorriso. "Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi" (Marcel Proust).


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