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Rahel Saya, giornalista afghana rifugiata a Genova: "Comprendo il dolore di chi scappa dall'Ucraina"

"Gli afghani - dice Rahel a GenovaToday - comprendono molto bene quello che sta succedendo tra Ucraina e Russia, quello che provano e quello che sentono le persone che stanno scappando, il loro dolore"

Era una giornalista e attivista che si occupava in particolare dei diritti delle donne e delle bambine che lottano per l'affermazione della libertà: per questo - da quando i talebani hanno ripreso potere in Afghanistan nell'agosto 2021 - è dovuta scappare dalla sua terra. Rahel Saya, 21 anni, vive ora vicino a Genova dopo aver raggiunto l'Italia grazie anche all'intervento dell'ex assessora del capoluogo ligure Elisa Serafini e dell'europarlamentare Alessandra Moretti. Anche se lontana dal suo paese, il suo impegno civile non è cessato: la giovane freelance, a cui è stato conferito a Roma il Premio Internazionale Biagio Agnes 2021, porta nelle città italiane la sua testimonianza.

Video: intervista a Rahel Saya, giornalista afghana rifugiata a Genova

Dopo aver frequentato Legge e Scienze politiche all'Università di Kabul, ha ripreso gli studi alla Iulm di Milano, ma "ho dovuto ricominciare totalmente da capo: è come essere tornata bambina, bisogna imparare tutto di nuovo, anche l'alfabeto è diverso". Rahel però non si scoraggia, unisce sorrisi e determinazione: in Liguria vive con una sorella e la cognata, mentre il padre è rimasto a Kabul e i suoi parenti sono in altri stati. All'Unitre di Arenzano e Cogoleto la 21enne ha iniziato i corsi di italiano per stranieri, e sabato pomeriggio è intervenuta ad Arenzano nell'ambito di una conferenza sui diritti delle donne promossa dall'Università delle Tre Età.

La fuga dal proprio paese come unico modo per rimanere in vita: il pensiero non può non andare ai profughi ucraini e alle immagini che in questi giorni arrivano dai confini con l'Europa. "Gli afghani - dice Rahel a GenovaToday - comprendono molto bene quello che sta succedendo tra Ucraina e Russia, quello che provano e quello che sentono le persone che stanno scappando, il loro dolore. Vedo le immagini dei bambini, delle violenze, rivedo quello che ho visto a casa mia. Noi afghani conosciamo bene quella tensione, anche se non sono situazioni simili, ma la guerra è la guerra. Così come auguro il meglio alla mia nazione, faccio lo stesso con il popolo ucraino. Dobbiamo sperare dal profondo del cuore che vada tutto bene". Non è però un esercizio facile ammettere che momenti bui del passato possano tornare, così come non lo è stato prendere coscienza del fatto che "dopo tanti anni in Afghanistan sia successo ancora, che i talebani siano tornati. Non sono emozioni semplici da capire nè da elaborare, ma dobbiamo essere ottimisti".


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